Certificazione parità di genere: che cos’è e come ottenerla
La certificazione parità di genere UNI/PdR 125:2022 rappresenta un importante riconoscimento per le aziende che si impegnano attivamente nel garantire luoghi di lavoro più inclusivi.
Il processo di certificazione richiede un’analisi approfondita delle politiche aziendali e delle pratiche di gestione delle risorse umane, assicurando che rispettino i criteri stabiliti per la promozione dell’uguaglianza di genere. Scopriamo insieme com’è strutturato lo standard, quali sono le aziende che devono certificarsi e i vantaggi di ottenere questa certificazione.
Com’è strutturato lo standard UNI/PDR 125:2022
La certificazione parità di genere è il risultato del lavoro coordinato dal Dipartimento per le Pari Opportunità, un’iniziativa che rientra nell’ambito della Missione 5 del PNRR.
Le linee guide della norma UNI/PdR 125:2022 sono state elaborate al fine di migliorare e integrare nei processi organizzativi le politiche volte a ridurre il divario di genere.
Queste includono l’adozione di specifici KPI (indicatori chiave di prestazione) che misurano l’efficacia delle politiche di genere. La norma indica sei aree di valutazione:
- Cultura e strategia
- Governance
- Processi HR
- Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda
- Equità remunerativa per genere
- Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro
Ogni area di valutazione ha un peso percentuale che contribuisce alla misurazione del livello attuale dell’organizzazione e al miglioramento nel tempo. È previsto il raggiungimento di un punteggio minimo complessivo del 60% per l’accesso alla certificazione. Quest’ultima ha una validità triennale ed è soggetta a monitoraggio annuale.
Lo sviluppo di un ambiente di lavoro inclusivo richiede un impegno costante e un contributo da parte delle imprese in termini di politiche, pratiche organizzative e comportamenti da adoperare.
Quali tipologie di aziende possono certificarsi e per quali è previsto l’obbligo di certificazione
La certificazione di parità di genere è un processo volontario che può essere intrapreso da qualsiasi tipo di azienda, indipendentemente dalle sue dimensioni o dal settore di attività.
Tuttavia, esiste un obbligo di certificazione per le aziende con più di 50 dipendenti (Legge n.162/2021), che sono inoltre tenute a redigere un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile. Questo rapporto deve essere trasmesso ogni due anni dalle aziende alle r.s.a. (rappresentanze sindacali aziendali) e ai consiglieri territoriali e regionali di parità entro il 31 dicembre. Nel caso in cui il datore non ottemperi a tale obbligo, sono previste sanzioni e verifiche ad opera dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Il rapporto periodico sul personale maschile e femminile non dà, però, automaticamente origine alla certificazione. Gli organismi di certificazione accreditati, operando sulla base della prassi UNI/PdR 125:2022, rilasciano la certificazione, che ha una validità di tre anni dal momento del rilascio e deve essere rinnovata se le condizioni permangono.
L’iter di certificazione prevede:
- la richiesta da parte dell’azienda
- lo svolgimento di un audit di Certificazione (suddiviso in due stage)
- la delibera di certificazione
- il monitoraggio annuale
Quali sono i vantaggi di ottenere la certificazione parità di genere
La certificazione sulla parità di genere offre una serie di vantaggi per le aziende, come:
- Uno sgravio contributivo fino a 50.000 euro all’anno, a tutte le aziende private in possesso della certificazione;
- Un punteggio premiale per l’accesso a finanziamenti pubblici e/o aiuti dallo Stato;
- Punteggio più alto nei bandi di gara per l’acquisizione di servizi e forniture;
- Una maggiore soddisfazione dei lavoratori e un clima aziendale più sereno.
- Per le piccole e medie imprese sono previsti anche dei contributi per supportare i costi di certificazione e servizi di assistenza.
La certificazione di parità di genere non è solo un simbolo di impegno, ma un passo concreto verso un futuro più equo in cui uomini e donne abbiano le stesse opportunità e diritti sul lavoro.